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Lavoro come psicologo a Milano.

Mi occupo di consultazioni, sostegno psicologico e psicoterapia

Insicurezza

Benché i tentativi, per certi versi illusori, di mantenere sotto controllo l’esistenza, e nonostante il progresso scientifico, il pensiero edonico e lo sviluppo economico che permeano la società in cui viviamo, la vita, la quotidianità, i legami, mantengono un senso esistenziale d’incertezza.

 

A mio avviso tale impossibilità di assoggettare la natura alle regole dell’uomo rappresenta un inesorabile tesoro da custodire. Solo grazie a questa indeterminatezza può esprimersi la libertà individuale e soggettiva di ogni forma di vita.

La psicologia tenta, in qualche misura, di andare a esplorare le relazioni umane, come si costituisco e secondo quali organizzatori si sviluppano. Pertanto, l’insicurezza – intesa come matrice intrinseca al mondo dell’uomo – prova a essere accolta e affrontata grazie alle relazioni che ciascuno di noi si crea nel tempo.

Le prime relazioni d’attaccamento costituiscono il cuore della maturazione relazionale. In un primo momento abbiamo bisogno delle attenzioni dei genitori per la nostra sopravvivenza; via via tendiamo a essere maggiormente indipendenti e capaci di badare da soli a noi stessi.

Pertanto, in virtù delle cure che abbiamo ricevuto, saremo inclini a interiorizzare dei modelli relazionali di noi stessi e degli altri con i quali esploreremo il mondo.

Tali schemi sono dei contenitori che mantengo un sistema di significati, fatto di emozioni, sensazioni, affetti, comportamenti, che ci guiderà e ci aiuterà ad affrontare ogni situazione, in particolare modo quelle più intense.

Sulla base delle esperienze soggettive, il modello di sé e quello dell’altro possono arroccarsi in due direzioni: una positiva e una negativa. Dall’incontro di queste due dimensioni, emergono quattro profili caratteriali. È bene segnalare che ciascuna configurazione di personalità illustra il modo migliore che abbiamo trovato per adattarci agli eventi e alla nostra vita.

Ognuno di questi stili possiede determinati punti di forza e di debolezza che lo vincoleranno, o meno, nella ricerca di sé e del proprio benessere.

1. Il primo profilo, immagine positiva di sé e dell’altro, suggerisce l’esistenza di schemi relazionali che implicano un armonioso equilibrio tra sicurezza nel proprio potenziale e fiducia che l’altro sia disponibile. Sono persone che rispettano la loro interiorità e, nel frattempo, si sentono degni dell’amore dell’altro. Questo pattern chiaramente non immunizza dalla sofferenza ma permette all’individuo di sentirsi capace di affrontare gli eventi della vita, qualunque essi siano.

2. Un secondo profilo è connotato da un’immagine di sé benefica e una dell’altro avversa. Siamo di fronte a persone che possono riporre fiducia solamente in loro stesse, nelle quali il controllo e il perfezionismo rappresentano delle qualità rigide che non ammettano errori. Questi individui, per quanto possano eccellere dal punto di vista intellettivo, hanno carenze nello stabilire rapporti intimi che implichino sana vicinanza, dipendenza e reciprocità.

3. Al terzo posto, possiamo identificare un pattern caratterizzato da una sfavorevole rappresentazione individuale e un’affermativa per quanto riguarda gli altri. Siamo così di fronte al caso opposto, queste persone si sperimentano come inadeguate e percepiscono l’altro come fonte perenne d’aiuto. Potremmo affermare che siamo di fronte a una situazione in cui l’autoregolazione è confinata per far spazio alla regolazione contingente, ovvero è l’altro che modula e incarna in tutto e per tutto la funzione di guida. In questa maniera, sono in balia dell’esterno, sono soggetti all’angoscia e alla necessità di ricevere conforto in ogni situazione, il che facilita la rinuncia al proprio potenziale e all’individuazione.

4. Nell’ultimo caso, ci troviamo davanti a individui che detengono un’immagine ostile del proprio sé e dell’alterità. Essi hanno estreme difficoltà a organizzare la loro vita, a tollerare lo stress e faticano nelle relazioni. È come se fossero sovente in procinto di vacillare. Non riescono a sperimentare amore per le proprie capacità e non nutrono attese nei confronti dell’altro. A tale configurazione si associano, in buona percentuale, fattori di rischio per lo sviluppo affettivo, interpersonale e sociale.

 


 

La classificazione presentata non costituisce una divisione netta ma semplicemente una traccia attraverso la quale potersi riconoscere, al fine di sviluppare i processi riflessivi e di aumentare la consapevolezza dei modi con cui entriamo in relazione con noi stessi e con chi ci è attorno.

Sono dell’opinione che, al di là degli specifici pattern in cui possiamo collocarci, la mancanza di flessibilità nell’adottare un modello piuttosto che un altro sia all’origine dell’esacerbarsi delle nostre fragilità più profonde. Non dimentichiamoci che anche i sintomi, cui spesso ci imbattiamo, s’inseriscono all’interno di precise rappresentazioni del nostro carattere e assolvono una funzione, molto spesso al di fuori della nostra consapevolezza, rilevante:ci permettono di mantenere l’equilibrio al nostro interno.

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